sabato 20 febbraio 2016

LE GRANDI SCOPERTE DELLA FORMAZIONE ESPERIENZIALE



Carissimi colleghi ed amici, ultimamente ho avuto un soprassalto di insofferenza verso  certe proposte formative esperienziali vendute come marchio registrato, e di conseguenza come invenzioni originali da parte dei proponenti.

Mi è venuta allora l’uzzolo di provare a definire sinteticamente cosa sta sotto  alcune di queste parole proposte come grandi innovazioni (di solito da genii parauniversitari e non solo para quello).

Approfondendone qualcuna: viene proposto da qualche anno l’URBAN GAME® che sarebbe una caccia al tesoro in città, in una delle tappe della quale potrebbe essere ottimamente inserita anche una tappa in negozi gastronomici (!), tanto per fare una cosa fuori dalle righe rispetto ai solito monumenti. 

O addirittura inserendo una sessione di COOKING®: cioè farsi da mangiare tutti insieme.

Poi si dice STORY TELLING® quando si raccontano storie che, attenzione, ecco la novità, possono essere presentare come narrazione, come piccoli video o addirittura come foto, più o meno selfie.

E non vogliamo parlare dei SERIOUS GAMES®? Prendo direttamente da Wikipedia: sono giochi  digitali che non hanno esclusivamente o principalmente uno scopo di intrattenimento, ma contengono elementi educativi (URKA!). Generalmente i serious game sono strumenti formativi e idealmente gli aspetti seri e ludici sono in equilibrio. Al centro dell'attenzione sta la volontà di creare un'esperienza efficace e piacevole, mentre il genere, la tecnologia, il supporto e il pubblico variano. È difficile trovare un netta distinzione dai giochi di intrattenimento, perché è spesso l'uso del giocatore stesso che ne determina l'aspetto formativo.



Alcuni di questi giochi sono proprio brevettati, come LEGO SERIOUS GAMES®, proposta non digitale ma sviluppata con i mitici mattoncini, la cui connessione può portare didatticamente a raccontare poi una storia con i pupazzetti allegati, che a sua volta rappresenti esperienze vissute dai formandi.

Cosa che peraltro si può fare con molte altre cose anche senza®, per esempio le cannucce da bibita colorate (questa la potrei fare mia, e chiamarla SERIOUS STROW GAMES).



Ma al culmine di tutto questo movimento intellettuale ho sentito dire che c'è il GAMING ®: un po’ il manifesto affisso alle porte della cattedrale della formazione, il cui senso sta nell’usare il gioco per fare formazione, roba mai sentita prima. 

A cui si collega ovviamente la GAMIFICATION ®: usare il gioco per stimolare qualcuno a fare qualcosa, tipo collezione punti, raccolta figurine, citazione nella bacheca aziendale senza dovr usare stimoli o incentivi di altra natura economica o gerarchiche.



Allora mi invento anche io un nome da registrare: Il METAGAMING.  E ci metto anche io un bel ® di registrato. 

Definizione ufficiale di MAD: roba che serve a fare formazione esperienziale non attraverso una simulazione vicina al mondo didattico in oggetto (come role play medico-informatore , per esempio, o video-gioco-simulatore di azienda in crisi) ma più lontana possibile, anche se solo apparentemente (come andare in canoa, giocare agli indiani o costruire macchine con motore ad elastico).  A voi andare a vedere cosa significa in greco antico il termine meta...



Come mi capitò peraltro di scrivere in Met@forming (Dante Alighieri editore, Roma 2009), elenco di ambienti metaforici utili al gaming e alla gamification già in tempi in cui queste grandi proposte semantiche erano ancora ai più incomprensibili.



Ah, dimenticavo, l’introduzione di questo libro cita Aristotele.  Per avvalorare i nuovo marchi di solito si citano Dilts, Rogers, De Bono, Covey e magari Goleman. 

Pochi fanno riferimento a Platone, inventore della facilitazione dialettica, o al succitato Aristotele, padre della categorizzazione.



Ma come dice un mio amico" oggi il classico non  va più. Faceva pensare..."