lunedì 12 maggio 2014

QUADRATI, TRIANGOLI, RIGHE PER TERRA




Quando c’era Carosello (quello vero, non la squallida imitazione che ogni tanto si vede oggi) passava una pubblicità in cui un vigile fermava un cavernicolo che aveva infranto il codice della strada, e quello, che non capiva il senso delle regole moderne, gli rispondeva in veneto maccheronico  quadrati, triangoli, striche par tera, tuto va ben, tuto fa brodo…”, al che partiva un  coretto pubblicitario che cantava "Non è vero che tutto fa brodo, è Lombardi il vero buon brodo!".
Il vigile e il cavernicolo mi sono tornati in mente leggendo un casuale e curioso libretto non proprio nuovo (la prima edizione italiana risale al 1966 per i tipi di Adelphi, ma l’autore Edwin A. Abbott l’aveva scritto nel 1882) dal titolo Flatlandia
E’ un romanzo breve, che richiama anche un po’ i paradossi dell’ Alice di Carroll, neanche tanto facile da leggere,  di quasi fantascienza . In cui il protagonista vive diverse avventure fra universi geometrici paralleli, partendo da quello piano monodimensionale, in cui i ”protagonisti viventi” sono solo linee e punti, passando a quello a due dimensioni, che prevede soggetti a forma di cerchi, quadrati e triangoli più o meno regolari, per finire in quella a tre dimensioni, in cui gli abitanti sono solidi.
Che c’entrano Carosello, Flatlandia e la formazione ludica? C’entrano perché il racconto, esasperando la diatriba fra l’ottica di un cavernicolo e quella di un  tutore dell’ordine,  è tutto giocato esattamente sulla difficoltà di vedere la realtà da diversi punti di vista, sottolineandone  la difficoltà di accettare che questi punti diversi possano anche solo esistere. Un esempio: una linea che vede un’altra linea da dietro crede sia un punto, quando guarda il quadrato non riesce a coglierne il “retro” e concepisce solo che possa essere un’altra linea, un essere tridimensionale non riesce a fare capire il senso del “su” a un cerchio. E così via.
Tutto questo mi ha stimolato l’idea di un gioco in cui, attraverso la distribuzione di carte rappresentanti  personaggi adulti, vecchi, infantili, maschili, femminili, omosessuali, sani, malati, occidentali, antichi, moderni, orientali, ebrei, mussulmani o cristiani si devono descrivere con occhi diversi dai propri cose, situazioni o figure prese da un altro mazzo. Per esempio, come potrebbe identificare un  bidone di plastica un antico fenicio? Come leggerebbe una chiesa piena di crocefissi un aborigeno australiano? O un sacchetto di biglie un anziano? O un’ostrica un esquimese….?
Risultato formativo su cui si potrebbe lavorare:  analisi delle difficoltà di mettersi nei panni di qualcosa diverso da sé, complessità nel creare linguaggi che permettano da fare capire a tutti la stessa cosa, analisi della creatività richiesta dal multiculturale, consapevolezza della forza degli stereotipi e delle credenze.