mercoledì 24 ottobre 2012

Un video sui giochi "educativi"

Questo post è minimalista e vuole solo segnalare un video trovato stamattina nella mia pagina iniziale di Google. il link è http://www.youtube.com/watch?v=RrZdXHM2uBA&feature=youtube_gdata

La meditazione non c'è e la lascio a chi ha voglia e tempo di leggere queste righe. 
Anzi no, solo due pensierini.
Primo: riprendendo un post di qualche giorno fa: si può fare educazione coi giochi? Credo evidente che la risposta sia si, in molti modi. Basta stare attenti a quello che sta fra le righe, e non parlo di subliminalità...
Secondo: i giochi orientati in qualche modo all' edutainment (Educational Entertainment) stanno cominciando a diventare argomento di discussione allargata, e questo può essere solo un bene.

A proposito di edutainment, non possiamo esimerci dal salutare una persona che a questo obiettivo ha comunque dedicato tutta la vita (oltre a creare un piccolo impero editorial ludico e una dinastia di ottimi manager tramite figli e figlie), che ci ha lasciato pochi giorni fa: il grande vecchio del gioco italiano Mario Clementoni.
Anche se queste pagine sono più indirizzate al concetto di educazione e formazione adulta, non possiamo dimenticare quello che la Clem ha fatto per i bambini italiani e non in anti anni, e non solo col mitico Sapientino.
Arrivederci grande Mario.

martedì 23 ottobre 2012

AVATAR


Qualche giorno fa Ludovico Pasini, detto Dudo Dado Pensante, amico e collega, mi chiede se ho qualche idea per un gioco di ruolo formativo, centrato sul tema del locus of control, da proporre a una ventina di aziendali. Come dice Luca Saita in un suo illuminante articolo (http://lucasaita.it/locusofcontrol.html), il  locus of control corrisponde al  modo nel quale una persona percepisce se stessa rispetto al controllo degli eventi. Un locus "esterno" scarica sul destino o sugli altri la responsabilità di quanto accade. Un locus "interno" vede invece il soggetto molto più indirizzato a considerare il destino come un effetto delle proprie azioni, e quindi una variabile controllabile. Insomma il controllo interno porta dritto alla famosa massima latina: cuisque faber fortunae suae (ognuno è artefice del suo destino).
Il Dudo ipotizza –correttamente, secondo me- che un gioco di ruolo possa sviluppare un ambiente formativo esperienziale adatto al tema:  dato un master che gestisce un’avventura ragionevolmente semplice, le modalità di approccio ai problemi e alla relazione da parte dei partecipanti permetterebbero ad alcuni osservatori all’uopo posizionati in aula di analizzare e poi riportare in debriefing, tramite oggettiva analisi dei comportamenti agiti nel gioco, le tendenze di ciascuno ad attribuire all’esterno la responsabilità degli accadimenti ludici (e poi reali), oppure a farsi carico e responsabilità degli stessi tramite controllo interno consapevole della loro gestione.
Funziona tutto, anche l’assenza di materiali con relativi costi (nei role playing si lavora con la fantasia e la voce, che costano pochissimo).
Unico neo, l’impossibilità di gestire un gruppo così numeroso con questa modalità di gioco: un master pur bravo non può controllare e condurre un gioco in cui decidono agiscono e si scontrano più di sei/sette personaggi.
Tempo prima avevo già affrontato lo stesso problema per un cliente diverso ma con le stesse problematiche logistiche, ed avevo sviluppato un’ipotesi di  lavoro sempre in role playing, ma su due piani diversi, tenendo nel gioco solo sei personaggi (in cerca d’autore, se vogliamo) e facendoli gestire da altrettanti gruppi invece che da singoli. Un po’ come se ciascun team gestisse un suo avatar nella storia. Un avatar, insomma, le cui azioni e decisioni non erano tanto spontanee come succede dei normali role playing formativi, ma più meditate grazie al filtro di una serie di decisioni comuni.
In concreto: al master che segnala la situazione in cui agire “in un cortile in cui non si vede molto bene perché molte luci sono spente e molte lampadine rotte, sentite una voce provenire da un angolo buio in basso senza però distinguere quel che dice…” ogni team -che corrisponde  ad un personaggio della storia-  si raduna per un tempo massimo predefinito, decide cosa fa il suo personaggio (ad es. “ parte da solo nella direzione da cui proviene la voce” – piuttosto che “si ferma e cerca di trovar un modo per aumentare la luce  facendo torcia di un giornale che aveva con sé”) e poi tramite portavoce lo comunica al master che ne prende atto e porta avanti l’avventura, raccogliendo via via le diverse dichiarazioni dei team e gestendone le conseguenze.
Alla fine di ogni capitolo della storia il racconto si ferma e i gruppi ragionano –prima con un facilitatore per gruppo e poi in plenaria- su come hanno fatto comportare i loro avatar, in ottica focalizzata naturalmente ad analizzare gli elementi base legati al tema locus of control.
Purtroppo io per ragioni diverse non avevo potuto sperimentare questa procedura, ma il suddetto Dudo, acquisita e  implementata questa modalità di ludotransfert, è riuscito a portare avanti il progetto, constatando che, a fronte della perdita di un po’ della spontaneità tipica di questa metodologia esperienziale, il gioco e la formazione hanno funzionato, e l’aula ci ha guadagnato in analisi razionale. In ogni caso il risultato di questo role playing -malgrado la modalità avatar-  ha  ottenuto un fortissimo coinvolgimento: il 95 % dell’aula si è calato comunque fortemente  nei vari ambienti della storia, mantenendo emozioni e stati d’animo nonostante l’evidente  distacco  “meccanico”  tra avatar e persone che lo “guidavano”.

In compenso, grazie ai diversi piani di meditazione su come le persone vere del gruppo hanno deciso di far agire e reagire agli stimoli dell’avventura i loro avatar, è stato poi possibile trasferire efficacemente il tutto sul piano della realtà quotidiana lavorativa. Con soddisfazione dell’azienda che aveva commissionato il progetto.
Ebbravo il Dudo.

mercoledì 3 ottobre 2012

MA SI PUO'?


In questo blog si parla di gioco, didattica e formazione come pare evidente dal titolo. 
Uno dei temi fondanti quindi è l’uso del gioco per insegnare qualcosa.
 A volte il gioco viene usato per analizzare le competenze, altre volte per studiare le relazioni, altre ancora per creare, magari attraverso la provocazione, reazioni utili alla crescita dei “discenti” .
A volte il gioco viene anche usato come simulazione protetta, per fare sperimentare ambienti e attività che nella vita reale comporterebbero, in caso di errore, costi insostenibili (vedi un classico, il flight simulator), oppure attività non praticabili in sedi normali.
A questa valenza anche liberatoria tuttavia c’è chi sostiene che si dovrebbe comunque porre un limite, magari determinato dal buon senso e dal rispetto di chi si ha davanti. 

Tempo fa ricordo un forte polemica derivata da un gioco dal titolo esplicativo: Lager
Si simulavano i campi di sterminio e lo scopo dei giocatori era di ottimizzare il “servizio” reso appunto dalle camere a gas.
Ad una inevitabile grande indignazione sollevata in chi riteneva che quell’argomento non potesse essere in nessun caso oggetto di simulazione ludica, gli autori rispondevano che quella provocazione era uno strumento efficacissimo atto a portare a conoscenza del pubblico -e soprattutto di quello infantile- l’infamia della soluzione finale hitleriana. Secondo gli autori aveva quindi una importante funzione didattica, eticamente non più discutibile di giochi che simulano la guerra –come i wargame o anche Risiko!-, o che ripropongono il crimine tipo Thief, una fortunatissima serie di videogiochi Stealth pubblicati da Eidos Interactive.
Lager venne comunque quasi subito ritirato e non se ne seppe più nulla.(fortunatamente, mi permetto di dire io).

Oggi apro IGoogle e in prima pagina trovo il video più cliccato del giorno: Squillo, un gioco che permette ai giocatori di interpretare magnaccia e papponi in uno scontro di raket metropolitano. Nel promovideo -che ovviamente ho aperto subito confermando il valore virale di questo tipo di marketing- si propone questo ambiente  con una chiarezza al limite dell’imbarazzante. L’autore è Immanuel Casto, principe del Porn Groove (che confesso di non sapere cosa sia, ma lui se lo dice da sé), sedicente membro anche del Mensa (che invece so cos’è, il club dei maggiori intelligenti internazionali, in cui peraltro è accettato anche Sylvester Stallone…). Di sé Immanuel dice anche di aver collaborato con Paolo Magagna (Teatro dell’Ascolto), Marina Pitta e Gianfranco Rimondi (Teatro dei dispersi) che non so quanto siano lieti di questa citazione. 

Alcune chicche della presentazione: “Una sfida a colpi di fellazio” “puoi mettere Manu –una delle carte puttana- sotto antidepressivi”, una testimonial afferma “si può trovare sesso occasionale, abuso di stupefacenti e sensi di colpa. Mi sono detta: ma questa sono io!”. Ebbrava!
Il valore delle carte è il tramite attraverso cui ogni prostituta permette un ricavato da prestazione, ma "in caso di difficoltà si può recuperare anche un incasso dalla vendita dei suoi organi".

Non so come funzioni il meccanismo (parrebbe una specie di Magic), e credo che il game design rispetto al contenuto di immagini e testo non abbia poi molta importanza.
Certo è un gioco che racconta di cose che in effetti entrano in ogni casa ogni sera tramite quasi ogni telefilm, e leggiamo in tantissimi libri. Certo parla di cose che dovrebbero indignare nella realtà prima che nella simulazione del gioco. Certo sarebbe meglio che i critici si dessero da fare per sostenere il Gruppo Abele o la Caritas prima di attivarsi per far ritirare questo gioco.

Alla fine mi concedo di rispondere alla domanda del titolo: FORSE SI PUO'.
Però mi autorizzo a credere che non sia giusto giocare in questo modo, e che l’attenzione al problema della tratta delle bianche e delle nere non necessariamente debba passare da questo tipo di provocazione che personalmente non ho nessuna intenzione di usare nè didatticamente nè per passatempo. Men che meno fornendo guadagno al più grande furbacchione porno DJ che abbiamo in Italia. 
Che paradigmaticamente conclude il suo spot dicendo: “è vero sono biondo ed ho un corpo perfetto, ma questo mi da forse il diritto di ridicolizzare tematiche così drammatiche e di farne addirittura un gioco? Sì” . Ma che fosse amico di Corona...?

So che con questo post gli sto facendo pubblicità… però se anche uno solo dei miei pochi  lettori si andasse poi -oltre che a vedere il video, lo so che lo farete- anche a leggere il documento sulla tratta della prostituzione che trova a
magari, vai a vedere che anche il nostro Casto ha fatto involontariamente  formazione…

E su questo davvero mi piacerebbe leggere qualche commento.